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Laura

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Ne troviamo traccia in una bolla di Urbano II alla fine dell ’XI secolo, mentre il titolo di S. Nicolao Praefecti viene riportato nel 1192 nel catalogo di Cencio Savelli. Nel 1567 Pio V la concesse ai Padri Domenicani di S. Sabina. La facciata fu ricostruita nel 1674 e la chiesa riedificata nel 1729. La facciata presenta un solo ordine. Al centro apre un portaletto con ai lati tre finestre. L’interno, a navata unica, presenta una copertura a botte affrescata da Giacomo Triga nel XVIII secolo. Sull’altare maggiore si può ammirare la "Mater Misericordiae", l’immagine miracolosa che, secondo la leggenda, avrebbe mosso gli occhi nel 1796.
Le catacombe di Vigna Randanini situate tra il II e il III miglio della via Appia Antica rappresentano un esempio di cimitero ipogeo ebraico in ottimo stato di conservazione.
Databili tra il II ed il IV secolo d.C., le catacombe furono scoperte nel 1800 e si estendono su un’area di circa 18.000 m². Le gallerie del complesso si articolano su due livelli, per una lunghezza di circa 700 metri. La pianta, molto irregolare e priva di un piano unitario dell’area sepolcrale, fa ipotizzare uno sviluppo per fasi successive.
All’interno sono presenti varie tipologie di sepolture le più caratteristiche delle quali sono quelle di origine fenicia dette a Kôchim o tombe a forno a più piani. Si trovano inoltre tombe a “fossa” scavate nel pavimento, loculi chiusi da mattoni e arcosoli.
Alcuni ambienti sono affrescati con soggetti tipici della religione ebraica come l’arca della legge e la menorah cioè, il candelabro a sette braccia, altri con motivi floreali e raffigurazioni di animali.
Le iscrizioni ritrovate sono in lingua greca e latina; da notare l’assenza di quelle in ebraico
Le catacombe, che prendono forse il nome dal proprietario del terreno, erano conosciute già dal Settecento, e furono scavate tra il 1847 e il 1872. Nel 1931 fu inoltre scoperto un vasto recinto funerario sopratterra, caratterizzato dalla presenza di tombe di personaggi dell’aristocrazia senatoria e della famiglia imperiale. Questa zona era precedentemente occupata dalla vasta residenza di Erode Attico (il cosiddetto Triopio), passata alla morte del proprietario al demanio imperiale ed occupata da tombe di alto livello. Qui è stato tra l’altro rinvenuto il sarcofago dell’imperatore Balbino (238 d.C.), a dimostrazione del carattere elitario del sepolcreto. Una parte delle catacombe riutilizza inoltre una lunga galleria, probabilmente una cisterna abbandonata, chiamata Spelunca Magna. Le catacombe, il cui impianto si colloca agli inizi del III secolo d.C., erano costituite da tre nuclei principali articolati su più livelli. Nel IV secolo questi tre nuclei furono ampliati, creando una fitta rete di diramazioni e cubicoli. Nello stesso periodo, nell’area sopra terra insieme alle sepolture vennero costruiti anche luoghi di culto, come le due basiliche di Zenone e Tiburzio, Valeriano e Massimo, di cui non rimane più traccia. Molto interessanti le pitture presenti nei cubicoli; tra queste una scena di incoronazione di Cristo, del III secolo, da considerare uno dei più antichi esempi di rappresentazione della Passione. Altri affreschi, del IV secolo, rappresentano gli apostoli Pietro e Paolo, e i papi Sisto II e Liberio.
In una piccola chiesa riedificata tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento da vari architetti, tra cui Carlo Fontana e Giuseppe Sardi, una profusione di dipinti, volute e dorature fanno della Sacrestia un esempio unico del “barocchetto romano”, uno stile che segna il passaggio dal barocco al rococò. Come in una grande scenografia teatrale, ogni elemento contribuisce a dare un’illusione di profondità: usando la prospettiva centrale, l’autore costruisce una finta architettura con una volta centrale e due finestre ad arco sui lati, verso cui convergono tutte le linee in un punto di fuga posto dietro un Crocefisso ligneo. Solo due colonne in rilievo emergono dal fondo dipinto rafforzando l’illusione di profondità. Nella parete destra da notare la sequenza alternata di armadi in legno dipinto a finto marmo e finestre trompe-l’œil.
La basilica sorge lungo la via Portuense e fu edificata per volere del papa Damaso - nel IV secolo d.C.- all’interno delle catacombe di Generosa dove erano sepolti i martiri Simplicio, Faustina e Beatrice.
Il luogo di culto semi ipogeo, riportato alla luce in seguito a indagini archeologiche condotte durante la seconda metà dell’800, si presenta come un edificio di grandi dimensioni suddiviso in tre navate di diversa ampiezza. Fu concepito a pianta irregolare per favorire l’ingresso nelle catacombe che avveniva attraverso la porta Introitus ad Martyres, a destra dell’abside.
Diverse tombe rinvenute al suo interno testimoniano come la basilica sia stata usata anche come luogo di sepoltura. In seguito al suo abbandono, avvenuto alla fine del VI secolo, le spoglie dei martiri furono traslate nella basilica di Santa Bibiana.